Di Francesca De Cagno
Il mondo inconfessabile svelato da Ammaniti nel libro “Passoscuro” e l’Accettazione Positiva incondizionata
Questo articolo è il risultato di riflessioni scaturite dopo aver letto il libro dello psicoanalista Massimo Ammaniti dal titolo “Passoscuro. I miei anni tre bambini del padiglione 8”.
Carl Rogers è portatore di una visione della natura umana che riconosce ad ogni essere vivente una sua dignità inalienabile, un suo valore esistenziale unico, che si esprime nella capacità, come individuo, di provare accettazione positiva incondizionata verso altre persone e di farne persino un fattore curativo per chi si occupa, come professionista, di relazioni di aiuto. Con il termine accettazione positiva Rogers indica la capacità di essere riconosciuto per ciò che si è, senza chiedere di essere nient’altro che se stessi, nessun giudizio verrà espresso per comportamenti o sentimenti provati senza porre condizioni alla relazione. Espressioni come “ti amerò solo se…, sarai un bravo bambino solo se...” non sono altro che vincoli posti all’altro che potrà sentire la fiducia e l’affetto solo se cambierà una parte di sé che all’altro non piace. Questa visione della natura umana è in linea con le più avanzate costituzioni, con i codici deontologici di ogni mestiere di cura e perfino con la dichiarazione dei diritti umani (Articolo 1. Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 10 Dicembre 1948). Se tutto ciò può sembrarci non solo condivisibile ma ormai scontato e necessario nella costruzione di ogni relazione con altri esseri viventi, proviamo ad immaginare che solo 40 fa anni nell’ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà, “Città della e per la pazzia” i diversi padiglioni definivano i pazienti con i nomi di Tranquilli, Sudici, Semiagitati, Agitati, Prosciolti, Sorvegliati; nello stesso luogo anche i bambini disabili venivano appellati con il termine Deficiente, Idiota o anche Oligofrenico per definire il grado di deficit intellettivo.
Tutto ciò rivelava profondi pregiudizi nelle professioni sanitarie che avrebbero influenzato le loro stesse percezioni e la tipologia di interventi proposti. Questo ci racconta Massimo Ammaniti nel suo ultimo libro «Passoscuro», della sua esperienza di psichiatra negli anni 1970-80 nel Padiglione 8 e quello che conteneva (n.d.r. è il termine più appropriato non certo accoglieva, date le condizioni in cui versavano appunto i bambini) dove fino a poco prima degli anni 2000 sono stati ricoverati donne, uomini e bambini, quest’ultimi non solo perché affetti da disturbi psichiatrici, ma anche solo perché provenivano dal brefotrofio, figli illegittimi di donne che vivevano in condizioni precarie, provenivano da classe sociali povere o semplicemente per la paura che suscitavano per alcuni disturbi psicofisici o per le malformazioni di cui potevano essere affetti. Era il caso della piccola Anna che a pochi mesi era stata lasciata dai genitori in ospedale a causa di semplici convulsioni febbrili, abbandono dato dalla paura ma anche dalla vergogna sociale per la nascita di una creatura che rischiava di mettere in cattiva luce la famiglia. Siamo ben lontani da spazi di cura in cui la persona poteva essere “accolta”, se non addirittura “vista”, come essere umano. C’era una completa spersonalizzazione come avveniva anche nei campi di concentramento: i bambini non erano chiamati per nome, non indossavano indumenti personali ma larghi camici per poter essere cambiati dalle infermiere poiché non era stato insegnato loro neanche ad andare in bagno, venivano imboccati piuttosto che educati all’autonomia, le loro giornate trascorrevano buttati in una grande sala senza alcuno stimolo.
Questo era il clima delle sorveglianze (così veniva chiamato il tempo e lo spazio che condividevano ogni giorno le infermiere e i bambini). Ammaniti comprende subito di dover cambiare le cose, nonostante la letteratura scientifica del tempo considerasse quei luoghi e quei metodi all’avanguardia. Il suo obiettivo tra mille difficoltà rispetto al mantenimento dello status quo fu quello di creare un contesto che potesse essere stimolante e accogliente, in grado di favorire gli scambi e la relazione fra infermieri e bambini (oggi sappiamo quanto sia proprio la relazione il principale fattore curativo). Era importante creare un contesto giornaliero di ritmi, abitudini e rituali più possibili vicini alla quotidianità di un qualsiasi altro bambino, per esempio vestirsi (senza più indossare camicioni), mangiare da soli, andare a scuola (saranno chiamate alcune maestre e assistenti sociali per poter offrire ai bambini attività semplici ma specifiche per la loro età). Ammaniti introduce l’abitudine dell’appello, un modo per far sentire riconosciuti i bambini, cercare un primo contatto e ritrovare il gusto di comunicare, che era andato completamente perso. Il contatto occhio - occhio è una tappa fondamentale dello sviluppo, ma, a differenza dei loro coetanei, i bambini del Padiglione 8 avevano perso i passaggi di fasi specifiche di sviluppo che non sarebbe stato più possibile recuperare. La scienza, da lì a breve, avallò le riflessioni di Ammaniti scoprendo la chimica che si produce dal contatto con altri esseri umani, che libera la dopamina, il neurone del piacere, e favorisce la sensazione di benessere che invita ad avvicinarsi agli altri ed avere scambi sociali. Daniel Sterne nei suoi laboratori di osservazione alla Cornell University di New York documentò come le espressioni facciali, i gesti e le posture dei bambini concorrano nella formazione del Sé e non ultimi gli studi sulla capacità del contesto di condizionare lo sviluppo dei “malatini”, cosi venivano appellati i bambini dai medici dell’ospedale psichiatrico. Dagli Stati Uniti arrivavano echi di sperimentazioni di contesti di cura più accoglienti a misura di bambino, per esempio grandi spazi, l’uso delle vetrate per poter stare più a contatto con l’ambiente naturale esterno, preferibilmente nel verde (l’ecopsicologia ha recentemente confermato il valore benefico di questo contatto con la natura), ambienti vivacizzati da pupazzi, clown che giocavano con i piccoli pazienti (sono gli anni di Hunter Doherty conosciuto come "Patch" Adams e la sua “terapia del sorriso”), la presenza dei genitori nelle stanze per stare il più possibile insieme ai propri figli.
Purtroppo nel Padiglione 8 i genitori erano un'assenza ingombrante, Ammaniti può conoscere la storia dei suoi pazienti solo attraverso la lettura delle cartelle cliniche poiché nessuno aveva più contatti con la famiglia di origine. Nessun genitore faceva visita ai piccoli pazienti. Eppure in quegli anni la psicologia fece passi avanti sensazionali nello studio dello sviluppo dei bambini e soprattutto sulla relazione con la madre. Donald Winnicott parlò del falso sé, ovvero della rinuncia da parte dei bambini ad essere sé stessi nel cercare di assecondare i genitori per paura del contrasto che potrebbe insorgere. Punto di contatto significativo con l'accettazione positiva incondizionata, il bambino si conforma alle richieste del genitore per poter continuare a sentirsi amato, perdendo il contatto con i suoi reali bisogni ed emozioni. Ammaniti, nelle sue successive esperienze, racconta di essersi trovato spesso con bambini con deficit intellettivi che cercavano di compiacere in ogni modo i genitori, quella costrizione affettiva era per loro un vicolo cieco che bloccava lo sviluppo. Un rischio che come adulti dobbiamo evitare anche al di fuori della patologia, sia nella veste di genitori che di educatori, quando ci relazioniamo ai bambini, come ci ricorda Rogers e poi Gordon con le sue “Relazioni Efficaci”; il primo passo è il contatto empatico che porta ad entrare nel mondo esperienziale di significati e valori dell’altro, solo così i comportamenti prendono senso e può avvenire l’accettazione positiva incondizionata. Inutile e dannoso dire ad un bambino che è un fifone ad avere paura di rimanere nella stanza al buio prima di dormire, immergiamoci nel suo mondo fatto di ombre e suoni sconosciuti, di bisogno di sentirsi protetto dai genitori ed ecco che quel comportamento sarà più facile da comprendere ed accettare.
Arrivarono successivamente in Italia gli studi di Melanie Klein che parlando del seno buono e del seno cattivo ci ha trasportato nel profondo della mente dei bambini, in cui esiste un mondo scisso fra amore e odio, una divisione che si riesce a superare attraverso il riconoscimento dell'amore e della bellezza sperimentati con il rapporto con la madre. Anche questi elementi, al tempo rivoluzionari, oggi sono entrati nel comune sentire, non potremmo mai immaginare di tenere separati mamma e bambino, ad esempio oggi si afferma la necessità del contatto pelle a pelle come elemento centrale nell’intervento sui prematuri. I genitori devono poter stare con il loro bambino 24 ore su 24, per il loro benessere fisico e psicologico, per nutrire il legame familiare che sta nascendo e per alleviare, anche con il calore di un abbraccio, il peso di un evento inaspettato, come quello della prematurità (Dott. Luigi Orfeo, Presidente della SIN).
Lo spaccato dei bambini del Padiglione 8 ripercorre scoperte scientifiche, nascita di teorie psicologiche e psichiatriche e conquista di diritti civili, ovvero segna il passaggio ad una diversa visione dell’individuo. “È inaccettabile per la nostra coscienza civile che in un Paese come l'Italia dei bambini fossero internati in virtù di certificati di pericolosità (era l’espediente che permetteva ai medici di ricoverare bambini senza particolari deficit); continuo a chiedermi quali medici si fossero prestati a una violazione così evidente dei diritti personali di quelle creature e ad una misura disumana… era un’ulteriore riprova che la psichiatria come aveva ripetutamente sostenuto Franco Basaglia si era prestata a un’operazione di pulizia istituzionale ed era arrivato il momento di intraprendere una battaglia di civiltà”. (p. 143)
Una battaglia o meglio un cammino che non si è ancora concluso: i bambini del Padiglione 8 non furono mai accolti e accettati per ciò che erano dal personale sanitario, mai dai genitori e mai riconosciuti dallo Stato, non so quali delle tre istanze possa avere più peso, ma più che una ricerca di colpa credo sia importante mettere l’accento sul cambiamento avvenuto nella nostra società nel riconoscere dignità ad ogni persona e ad ogni fase della vita. Ancora molta strada c’è da fare, sono ancora molti gli episodi, i pregiudizi e i comportamenti che ci lasciano sdegnati (assistiamo ancora a fatti di cronaca che denunciano le condizioni degradanti in cui sono tenuti anziani o bambini in alcune strutture sanitarie o educative) ma il percorso è stato tracciato: se riusciremo a riconoscerci nell’altro, a sentire la nostra unica essenza di esseri umani riecheggiare in ogni altra forma di vita saremo in grado di accettarla nella sua dimostrazione peculiare, diversa, unica ed eccezionale.
"Se si cura una malattia, si vince o si perde; ma se si cura una persona, vi garantisco che si vince, si vince sempre, qualunque sia l’esito della terapia", Patch Adams.
Bibliografia
M. Ammaniti, Passoscuro, i mie anni tra i bambini del Padiglione 8, Bompiani 2022
https://www.nostrofiglio.it/neonato/prematuro/l-importanza-del-contatto-pelle-a-pelle-nei-prematuri
Comments